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L'artista e pittrice Joan Benotti racconta la storia dei suoi nonni emigrati da Cento negli Stati Uniti. Storia pubblicata in collaborazione con il museo digitale dell'emigrazione da Cento "Nulla osta per il mondo"

Amelia Dall’Olio, la mia nonna materna, nacque a Renazzo di Cento il 25 settembre 1890. Dopo essersi trasferita a Castello D’Argile, nel 1911 lasciò la sua famiglia e si imbarcò sulla Canopic a Genova e arrivò nel Massachusetts al Porto di Boston il 5 novembre dello stesso anno. Aveva 21 anni. Ad attenderla là c’era mio nonno Giovanni Cevolani, nato a Pieve di Cento il 24 giugno 1896, aveva 25 anni. 

Il viaggio di Giovanni in America era cominciato un anno prima, nel 1910, quando lasciò Pieve di Cento e s’imbarcò sulla nave Duca di Genova, arrivando al Porto di New York il 25 luglio 1910.

Il giorno dopo l’arrivo di mia nonna, si sposarono nella Chiesa del Sacro Cuore nel North End di Boston. Anche conosciuta come la Chiesa del Sacro Cuore di Gesù, era la casa degli immigrati italiani all’inizio del secolo. Sul loro certificato di matrimonio troviamo scritto: ll signor Giovanni Cevolani di Pieve di Cento, Ferrara figlio di Antonio e di Adele Accorsi e la signora Amelia Dall’Olio di Renazzo di Cento, Ferrara, figlia di Alessandro e di Elena Tassinari. Alla presenza di Ettore Tassinari e Luisa Ardolino. Ettore, lo zio di Amelia fu il primo a immigrare in America dove arrivò nel 1860 circa.

Giovanni e Amelia si sistemarono in una piccola casa di legno a Danvers, Massachusetts, probabilmente appartenuta a Ettore, che era noto per la sua generosità nel prestare aiuto a parenti e “paesani”. Mia nonna si mise a piangere quando vide per la prima volta la sua nuova casa. Era piccola e per nulla simile a quella che aveva lasciato alle sue spalle o a quella che aveva sognato di trovare in America. Giovanni era deciso ad avere una casa propria. Non volle mai sentirsi in debito con qualcuno, così non appena Giovanni e Amelia trovarono lavoro e raggiunsero una maggiore stabilità economica, traslocarono a Somerville nel Massachusetts. I primi documenti riportano la loro occupazione come cuoco e sarta. Avevano talento e abilità e presto divennero ben conosciuti nel loro lavoro.

Il 7 maggio 1916 nacque mia madre, Elena Adele Cevolani, la loro unica figlia. Si narra che mio nonno nel giorno in cui ricevette il battesimo, pagò un’ arpista a suonare sotto il loro porticato. Sarà vero? Difficile a sapersi, ma io so che mio nonno era fuori dell’ordinario.

Giovanni e Amelia continuarono l’uso di aiutare i “paesani”. La loro casa in Lowell Street, 50, era una bifamigliare abbastanza grande, così i parenti che venivano dall’Italia si potevano fermare lì. E ci stavano per un mese o per uno o due anni.

Mia madre Elena ha descritto come si viveva là:

Domenico Tassinari e sua moglie Erminia vivevano in un piccolissimo appartamento al primo piano, così passavano con noi molto tempo al piano di sopra. Erano anche soliti mangiare al nostro tavolo perché mio padre era un cuoco e tornava sempre a casa con molto cibo. Mia madre cuciva così Erminia sbrigava la gran parte dei lavori di casa. Era bravissima in questo. E quando suo marito rientrava dal lavoro veniva al piano di sopra ed eravamo come un’unica famiglia. E poiché l’appartamento era così piccolo e le famiglie condividevano tanti parenti e amici, ogni volta che arrivava gente a far visita, tutti confluivano a casa dei miei genitori. Era sempre un’unica famiglia piena di gente e di divertimento.

Mia madre si diplomò con lode alla Scuola Superiore di Sommerville nel 1933. Nel 1937 si laureò al Radcliffe College con una specializzazione in Chimica. Un anno dopo si recò a Renazzo con sua madre. Quando tornò negli Stati Uniti lavorò come assistente sociale nel “Dipartimento dei Non Vedenti” fino al giorno del suo matrimonio. 

Sposò il suo amico d’infanzia Alfred Benotti il 7 novembre del 1942, trentun anni dopo il matrimonio dei suoi genitori.

ll loro certificato di matrimonio riporta le loro occupazioni di ingegnere meccanico e assistente sociale. Ho ancora l’abito di nozze che le fece per quel giorno sua madre Amelia, 78 anni fa.

Mio padre Alfred Benotti nacque nella Proprietà Renwick di Weston nel Massachusetts il 9 settembre 1912. I suoi genitori Raffaele e Bianca Canettoli Benotti nella loro tenuta si occupavano di giardini, animali, veicoli e bambini. Mio padre aveva due fratelli, uno più grande e uno più piccolo, Joseph e Norbert e una sorella, Teresa, la più giovane. Si laurearono tutti, i suoi fratelli in Chimica, Teresa con lode in Italiano e Alfred in Ingegneria Meccanica. Dopo la laurea lavorò all’arsenale marittimo di Boston, incaricato del controllo e della riparazione dei motori dei sottomarini durante la guerra.

Mio nonno, Giovanni Cevolani, divenne cittadino naturalizzato nel 1940 e acquistò la casa in Maugus Avenue 24 a Wellesley Hills nel Massachusetts.

Io sono nata a Palm Sunday il 10 aprile 1949. Ho raggiunto i miei nonni, i miei genitori e mio fratello John in quella casa a Wellsley Hills. John era più vecchio di tre anni, era nato l’1 agosto 1946.

Le famiglie Benotti e Cevolani furono sempre unite, condividendo i pasti nei fine settimana e in ogni festività. Mia madre chiamava i suoi cognati “i ragazzi Benotti”. La mia generazione ha continuato questa abitudine. Il mio mondo, il nostro mondo ruotava attorno alla famiglia e al cibo. La gioia di creare e mangiare è stato un ingrediente essenziale nella nostra vita familiare. Una volta a settimana nonna Amelia, conosciuta anche per la sua cucina, faceva la pasta. Mi piaceva guardarla mentre lavorava le grandi sfoglie di impasto fatto a mano con il suo lungo mattarello di legno, le sue braccia forti e le sue mani esperte di ogni gesto.

Prima delle festività, eravamo soliti radunarci tutti attorno al tavolo della cucina per aiutarla a riempire la pasta, i ravioli e i tortellini. Le mie piccole dita amavano dare forma e mangiare, specialmente i tortellini!

Chiudili bene – diceva mio padre – così quando li gettiamo nel brodo bollente non si rompono.

Nonna ogni settimana faceva anche il brodo di pollo o di manzo e naturalmente pasta e fagioli ogni venerdì. Mi hanno insegnato bene. Io faccio ancora la pasta verde al forno alla bolognese ogni Natale. E a mia volta ho istruito i miei cugini.

Mentre i miei nonni vivevano ancora a Sommerville, cominciarono a lavorare d’estate a Magnolia nel Massachusetts, una cittadina di mare appena a Nord di Boston. Giovanni fu il primo a trovare lavoro nel vicino “Hawthorn Hotel” di Salem e in seguito divenne chef al Green Gable di Sadie Kelley, una struttura a Magnolia dove si poteva cenare, ballare e ascoltare musica jazz, o – come mia madre era solita dire – E’ venuto a lavorare negli sciccosi nightclubs di Magnolia.

E sciccoso il posto lo era. L’area era conosciuta come la Costa d’Oro. Il treno di Boston arrivava e facoltosi cittadini di Boston e diplomatici che erano soliti trascorrervi le loro estati alloggiavano nel gran “Oceanside Hotel” di 600 posti letto con il suo esclusivo padiglione per lo shopping. Mia nonno cucinava e mia nonna cuciva.

Nel 1941 acquistarono un piccolo cottage vicino all’Hotel, in Ocean Avenue, ma non troppo vicino agli scogli rocciosi che perimetravano la costa. Come si dice, ‘Nonna aveva puntato i piedi’ – troppo rischioso – disse. La casa si trovava in un angolo abbastanza distante dal mare e circondata da un’ alta siepe. Adesso la casa a Magnolia è la mia dimora e il mio studio.

Io e mio fratello siamo stati fortunati a trascorrere le estati a Magnolia e a fare ritorno a Wellesley in autunno per la scuola. 

La casa di Wellesley era grande. Al secondo piano, nella camera da letto dei miei nonni color rosa antico, il colore preferito della mia nonna, era dove lei cuciva. La loro era la camera da letto più grande, con il bagno privato e una cabina armadio di cedro piena di scampoli di velluto dai colori vivaci, broccati e scintillanti moiré. Era un posto magico. Qualche volta ci sgattaiolavo dentro solo per poter aprire la porta e respirare il profumo del cedro e guardare in su i colori e i ripiani alti sopra la mia testa; nei pomeriggi di sole mi era permesso entrarvi se stavo ferma e buona. Lei mi insegnava a fare l’orlo arrotolato. Mi ricordo ancora come.

Nonna cuciva a lungo, tende di velluto rosa intenso per il salotto e di moiré con una consistente fodera color verde scuro, con un copriletto che si abbinava, per la camera dei miei genitori. Ha rivestito la casa. Amavo aiutare mia madre a fare qual letto perché il tessuto luccicava ad ogni tocco. E ci volevano due di noi per sollevarlo!

Più che fare tende e copriletti per le sue numerosi clienti a Wellesley e Boston, lei cuciva begli abiti per me con avanzi di tessuti fantasia. Indossai una giacca di velluto color blu vivace, con i leggings e una cuffia abbinata quando avevo tre anni per andare a trovare Babbo Natale che era giunto a Wellesley in elicottero.
La mia foto comparve sul giornale locale.

Nonna cucinava e cuciva e io guardavo. La sua creatività e passione mi ha ispirato a perseguire ciò che amavo. Sono diventata una pittrice. Il mio lavoro integra storia e ricordo, con il modello e il luogo. E’ tagliato, rappezzato, cucito, dipinto, ornato con perline, dorato, modificato e rifatto.

Avevo quasi 10 anni quando mia nonna Amelia morì improvvisamente il 23 novembre 1959 durante una vacanza con mio nonno Giovanni a Hollywood in Florida. Il nonno non si è mai veramente ripreso dal dolore per la perdita di sua moglie e amata compagna. Era attratto dall’idea di tornare in Italia, di tornare a casa. Mia madre ricordava che ritornò spesso a Renazzo e che amava quel luogo. Ricordo di essere andata all’aeroporto Logan di Boston per salutarlo con la mano. L’equipaggio dell’Alitalia lo spingeva dentro all’aereo come un re. Mio padre ridacchiava nel vedere mia madre mortificata nella speranza che nessuno scoprisse i salami che stava nascondendo sotto la sua giacca da portare in regalo a quelli di Renazzo.

Andò a visitare I parenti di Amelia che vivevano ancora nella vecchia casa di famiglia. Oggi ricordano la sua permanenza di un mese con loro e il suo amore per la cucina.

E’ morto il 4 dicembre 1968 durante una visita alla sua famiglia a Volta Reno di Argelato, un Comune in provincia di Bologna. Generosamente i parenti di Amelia fecero diverse volte andata e ritorno in macchina per Firenze, un viaggio di 4 ore, per completare i documenti necessari per assicurare il ritorno in America della sua salma.

Ma prima ci sono ricordi di indulgenza, abbondanza e amore.

Corse sulla sua nuova Cadillac scintillante, un viaggio verso la pista, ore spese cercando di evitare l’odore dei suoi sigari Parodi, più o meno accesi, mentre sedevo sul bracciolo della sua grande poltrona di pelle.
Una cassa di uva verde, un grappolo non era abbastanza per mio fratello che a 4 o 5 anni gli aveva detto che gli piaceva.

Wellesley era ottusa, ricca, Irlandese e Yankee.

Mio nonno non era niente di tutto questo.

Durante le lezioni di Catechismo le suore avevano abbondantemente chiarito che era necessario andare a Messa almeno una volta all’anno durante le festività pasquali.

Mio nonno non è mai andato a Messa.

Ricordo di avergli chiesto, avevo forse 13 anni, se fosse venuto con noi quell’anno. Alzò lo sguardo verso di me dalla sua larga poltrona di pelle e disse: Piccola, non mi inginocchio davanti a nessuno. Come mia mamma ha detto spesso ragionava di testa sua.

Durante gli anni ‘40 e ‘50 acquistò il suo negozio di alimentari e alcolici nel Nord End di Boston, l’ “A. Cevolani Inc.”. Mio fratello John ricordava che riforniva gli scaffali del negozio nei sabato pomeriggi. Io ricordo che stavo appollaiata sul bancone con i piedi sollevati dal pavimento mentre il nonno si faceva un panino di affettato che era lungo due volte la mia altezza. Una volta ho seguito mio nonno e mio padre nello scantinato e guardavo incantata mentre riempivano le salsicce e i cotechini.

Ha anche gestito il ristorante “Cantina Italiana” dietro l’angolo di Hanover Street. Durante la guerra, ci ha detto mio padre, lui dava da mangiare ai bisognosi nel retro del ristorante. La Cantina è tutt’oggi ancora aperta. Il negozio di alimentari invece fu demolito negli anni ‘60 per lasciar posto al nuovo Centro Governativo di Boston.

Giovanni aveva imparato bene il suo mestiere nei suoi primi anni in America, facendo l’apprendista nei grandi hotel di Boston e poi divenendo il capo chef dell’ “Hotel Lucerne”. Ma fortunatamente non ha mai dimenticato o abbandonato la grande cucina del Nord Italia con cui era cresciuto. Una inaspettata delizia del mio dopo scuola era tornare a casa con l’aroma inebriante di un enorme tegame di ragù bolognese che sobbolliva nel retro della stufa. I miei amici amavano fermarsi per un mestolo di questo ricco ragù di carne versato sopra una fetta di pane bianco americano, un assaggio di assimilazione culturale. Ma per cena il pane bolognese a quattro cornetti di mio padre era sempre sulla tavola. 

La lingua spesso parlata a casa tra gli adulti era il dialetto, il dialetto bolognese. Era il linguaggio “segreto” dei nostri genitori che mio fratello ed io abbiamo imparato giusto quel tanto per sapere di cosa stavano parlando.

Più scrivo sui miei nonni e più penso alle qualità e caratteristiche che hanno condiviso con tutti gli altri che hanno lasciato la famiglia e gli amici per cominciare un viaggio incerto ma pieno di speranza in America.

Amelia Dall’Olio più cauta, Giovanni Cevolani più impulsivo. Insieme furono forti, creativi, rigorosi, amabili e gran lavoratori. Sono loro immensamente grata.

di JOAN BENOTTI, nipote

Fonti: "Nulla osta per il mondo"-museo digitale dell'emigrazione da Cento: Intervista a Elena Cevolani Benotti di Laura M. Alberghini Ventimiglia, una cugina | Documenti italiani | Articoli online | Contatti personali con la madre dell’autrice, Elena Cevolani Benotti e altri membri della famiglia | Esperienza personale dell’autrice cresciuta con i suoi nonni Amelia Dall’Olio e Giovanni Cevolani | Documenti degli Stati Uniti

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