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Enrico Zambonini, gli anni dell’esilio. La vita e le vicende politiche dell’anarchico e antifascista di Villa Minozzo (Reggio Emilia) raccontate in un libro da Giuseppe Galzerano. Riportiamo un brano relativo alla sua permanenza in Belgio. Zambonini visse da esule anche in Francia e in Spagna. Catturato dai fascisti repubblichini, fu fucilato nel gennaio del 1944 a 51 anni.

Giuseppe Galzerano racconta nel suo libro “Enrico Zambonini. Vita e lotte, esilio e morte dell'anarchico emiliano fucilato dalla Repubblica Sociale Italiana” (Galzerano Editore, 2009) le vicende umane e politiche di un uomo, anarchico e antifascista, che, pur non avendo mai commesso reati, fu costantemente e ossessivamente controllato e spiato dal regime fascista in Italia e all'estero.


È la storia di Enrico Zambonini, un anarchico originario di Villa Minozzo (Reggio Emilia), che, nonostante avesse frequentato solo la terza elementare in una pluriclasse del suo paese, da autodidatta,conosce e parla tre lingue.
È la storia di un uomo che - come tanti altri in Italia e nel mondo - non piega la schiena alle prepotenze fasciste e vive da esule in Francia, Belgio e Spagna. Non è, dunque, per la sua esperienza politica e umana, una «figura locale», ma s’inserisce in un più ampio contesto europeo ed internazionale.


La sua biografia testimonia una militanza coraggiosa e coerente perché, negli anni che lo videro protagonista, Zambonini dovette affrontare e superare prove durissime; e solo una grande passione, una profonda abnegazione e disinteresse, insieme con una matura coscienza politica, fanno di lui un «uomo speciale».
Nel 1938, in un paesino nei pressi di Barcellona, è tra i promotori di una colonia per l'infanzia, per accogliere e assistere i figli e le figlie dei combattenti contro il franchismo e delle vittime dei bombardamenti franchisti. Alla vittoria del generale spagnolo Francisco Franco rientra in Francia ma, catturato dai tedeschi, è deportato in Italia e assegnato al confino di Ventotene. Alla caduta del fascismo, liberato, rientra al suo paese. Arrestato dai fascisti repubblichini, è condannato a morte da un Tribunale Speciale Straordinario, nominato per l'occasione, in un «processo» farsa o addirittura mai celebrato, e l'indomani - domenica 30 gennaio 1944 - fucilato, a cinquant'uno anni, insieme con un prete e sette partigiani. Il piombo fascista gli strozza in gola l'ultimo grido di «Viva l'Anarchia!».


La ricerca di Galzerano sulla figura e sull'opera di Enrico Zambonini ripercorre i momenti salienti del suo impegno politico in Italia, Francia, Belgio e Spagna e ricostruisce, sulla base di inediti documenti archivistici, una vita esemplare e degna di essere raccontata e ricordata per l'altruismo, l'abnegazione e la passione civile e politica che l'hanno contraddistinta.
È la vicenda di un anarchico «cittadino del mondo» sempre coerente con le proprie scelte politiche, pagate con l'estremo sacrificio della vita.
La ricerca è stata svolta consultando principalmente il materiale conservato presso l'Archivio Centrale dello Stato di Roma (il fascicolo personale del Casellario Politico Centrale, il fascicolo del Confino e i due fascicoli riservati della Polizia Politica) e su altre fonti, i giornali anarchici e antifascisti pubblicati all'estero nell'esilio, trovati presso biblioteche italiane e straniere.
Il volume è il risultato di una minuziosa ricerca archivistica svolta in Italia e all'estero e sulla base del materiale reperito ricostruiamo la sua vita. A proposito del materiale archivistico e dei fascicoli su Enrico Zambonini - conservati presso l'Archivio Centrale dello Stato – va detto che ci troviamo di fronte ad un'unica, anche se notevole fonte documentaria. È, però, una fonte «di parte», per questo non è sempre attendibile e spesso è volutamente esagerata e offre unicamente l'opinione e il giudizio degli avversari politici e dei persecutori, che possono mentire e inventare dei fatti a sostegno di una tesi o di un'accusa preconfezionata per squalificare chi si oppone. Nei regimi dittatoriali è prassi quotidiana ricorrere alla menzogna per denigrare gli oppositori e così l'anarchico Enrico Zambonini, pur non avendo commesso mai alcun reato né subito condanne, è classificato «pericoloso» e «attentatore», e in diverse occasioni si fa anche confusione sulla sua ideologia politica, schedandolo come «comunista», piuttosto che come anarchico.
Nell'Appendice il lettore trova le biografie degli altri anarchici e antifascisti, con i quali Zambonini, nel corso della sua vita e della sua attività politica, entra in contatto, proprio perché – a tanti anni di distanza dai fatti raccontati e portati alla luce - i loro nomi sono sconosciuti.

 

Pubblichiamo qualche pagina del libro riferita agli anni dell’esilio di Zambonini.

Il 10 gennaio 1929 il prefetto di Reggio Emilia, Dino Perrone Compagni, invia al Ministero dell'Interno una scheda biografica su Zambonini, ma non la sua foto, che non è stata possibile ottenere «essendone la famiglia sprovvista». La Divisione di Polizia Politica, il 21 gennaio 1929, comunica che da Parigi ha confidenzialmente saputo che la Lega dei Diritti dell'Uomo si occuperà della difesa di Enrico Zambonini, unitamente a quella di un certo Angelo Sanna, accusato di furto, ma in realtà arrestato dalla polizia francese per motivi politici. Il 20 febbraio 1929 Zambonini, di professione minatore, si stabilisce in Belgio, a Flémalle Grande, al numero 40 di Rue Bouion, come attesta il «Bulletin de renseignements» del Comune di Flémalle del 25 febbraio, nel quale è detto che proviene da Saint Raphael e non è un rifugiato politico. Sul documento, contenente i suoi dati anagrafici, è incollata la foto, firmata dallo stesso Zambonini. Il 4 marzo 1929 il direttore della «Sureté Publique» di Bruxelles chiede informazioni di carattere giudiziario al prefetto di Parigi.

Il 25 febbraio 1929 il prefetto di Reggio Emilia trascrive il testo del telespresso del Console Generale di Marsiglia del 29 dicembre 1928 sulla riunione che si è svolta a Saint Raphael in Francia a favore di Zambonini, rimandandolo al Ministero dell'Interno e aggiungendo solo che Zambonini è iscritto al numero 4802 della Rubrica di Frontiera. Da Marsiglia, il 14 agosto 1929, il regio console generale d'Italia, Faralli, con un telespresso riservato, in risposta al telespresso del Ministero dell'Interno del 10 agosto, fa sapere che ignora in quale Stato si sia recato Zambonini dopo il processo svoltosi a Draguignan, nel quale evidentemente è stato assolto dall'accusa di aver sparato al console fascista De Muro.

Il prefetto di Reggio Emilia, il 10 ottobre 1929, comunica che, nonostante le indagini, non è stato possibile conoscere il preciso recapito di Zambonini, perchè «da diverso temtempo, non scrive ai fratelli residenti a Secchio di Villaminozzo». Così il 16 ottobre 1929 il Direttore Capo della Divisione Affari Generali e Riservati dispone il controllo della corri-spondenza in partenza da Secchio di Villa Minozzo diretta a Zambonini, ma anche di quella proveniente dall'estero e diretta ai suoi familiari. Il 22 novembre 1929 viene comunicato che è stato trasmesso al Casellario Politico Centrale un elenco - avuto in via confidenziale - di comunisti espulsi dalla Francia, del quale fa parte anche Zambonini. Anche se Zambonini non è comunista, qualificato come tale è stato ugualmente inserito nell'elenco.

Il 5 dicembre 1929 il prefetto di Reggio Emilia informa il Ministero dell'Interno che il Regio Consolato d'Italia di Liegi ha chiesto informazioni su «un certo Zambonini Enrico, non meglio indicato nella richiesta consolare, il quale ha preso residenza nella circoscrizione di quel Consolato sprovvisto di passaporto». Il prefetto poi specifica che probabilmente si tratta del «noto anarchico schedato». Il 16 dicembre 1929 il Ministero dell'Interno sbaglia e, per avere notizie su Zambonini, invece che al prefetto emiliano si rivolge al Prefetto di Reggio Calabria e il prefetto calabrese risponde di aver spedito la richiesta al collega emiliano.

Il 27 dicembre il Ministero dell'Interno si rivolge al Console d'Italia di Liegi per avere informazioni più precise, in quanto - come ammette - ne ha perso le tracce da «circa un anno». Ricorda che Zambonini era vissuto a Saint Raphael, dove nel dicembre del 1928 venne arrestato per l'attentato contro il console De Muro. Finalmente il prefetto di Reggio Emilia il 20 gennaio 1930 - ricordando che è stato iscritto nella rubrica di frontiera al n. 4802 - invia al Ministero dell'Interno: «due copie della di lui fotografia che ora soltanto si sono potute ottenere e trascrivo i connotati:Statura alta, corporatura slanciata, capelli lisci castano scuri, coloritobruno, naso grosso convesso, barba e baffi castano rasi, mento ovale, aspetto truce». Una foto è incollata nella seconda pagina della cartella che racchiude il suo fascicolo personale al Casellario Politico Centrale, annotando che proviene dalla prefettura di Reggio Emilia. Si tratta di una foto a mezzo busto che lo ritrae in divisa militare, risalente certamente al periodo del servizio militare in Libia come alpino del 2° Reggimento di Artiglieria: indossa un cappello militare e porta i baffi. Le due foto, il 30 gennaio 1930, sono mandate dal capo della polizia alla Scuola Superiore della Polizia Scientifica, per la riproduzione di quindici copie di ognuna, a mezzo busto e con ingrandimento. Nello stesso ordine viene precisato che due copie devono essere mandate alla Prefettura di Reggio Emilia e al Consolato di Liegi, ai quali sono spedite il 28 febbraio. Le trenta riproduzioni fotografiche sono pronte dal 12 febbraio. Il 1 febbraio 1930 viene annotato che Zambonini figura in un elenco, avuto in via confidenziale, di anarchici e comunisti espulsi dalla Francia. Il 19 marzo 1930 il Console italiano di Liegi, G. Silimbani, informa: «Egli risiede tuttora a Seraing S/M. - Rue Bouillon n° 40. Non risulta finora svolgere particolare attività ma frequenta elementi e ritrovi sovversivi. Verrà continuata nei suoi riguardi ogni possibile vigilanza comunicando a Cotesta Direzione Generale tutte le notizie degne di rilievo».

Il resto del 1930 trascorre senza altre segnalazioni. In Belgio, invece, il 22 dicembre 1930 la polizia degli stranieri del comune di Tilleur comunica al Direttore Generale della Sureté Publique di Bruxelles che Zambonini ha fissato la propria dimora nel Comune di Tilleur, al numero 42 di Quaidu Hallage. Il 29 gennaio 1931 un telespresso del Consolato di Liegi informa il Ministero dell'Interno che al «segnalato politico» - si ricorre a questa qualifica un po' neutrale al posto del solito «noto anarchico» - Enrico Zambonini, a norma della circolare n. 18 del 6 giugno 1929, è stato rilasciato il passaporto, valido solo per il Belgio. Lo Zambonini risiede a Seraing S. M. e «continua a condurre vita ritirata e tranquilla», ma ciò nonostante, per i suoi precedenti politici, sul passaporto è stato annotato che è valido esclusivamente nel Belgio, non può essere rinnovato né esteso in altri Stati e per farlo bisogna rivolgersi al Consolato di Liegi, dove esiste il fascicolo di Zambonini. Con l'occasione il Regio Console G. Silimbani trasmette copia della foto utilizzata per il rilascio del passaporto, che viene incollata nella seconda pagina della cartella che racchiude il suo fascicolo al Casellario Politico Centrale, annotando che proviene dal Consolato di Liegi. Nella foto Zambonini indossa giacca, maglia aperta con collo a V, camicia bianca e cravatta. Il volto è ben curato e rasato, ed ha solo dei piccoli baffi. Della nuova fotografia di Zambonini il 10 febbraio 1931 vengono richieste alla Scuola Superiore di Polizia dieci riproduzioni, che sono pronte il 20 febbraio e il 27 febbraio ne viene mandata, certamente per errore, una copia anche al prefetto di Reggio Calabria. Il 22 aprile 1931 si trasferisce a Vivegnis, al numero 46 di Rue Wéribet, come risulta da una lettera dell'8 maggio inviata dal sindaco al Ministro della Giustizia di Bruxelles. Il 2 giugno 1931 il Ministero dell'Interno del Regno d'Italia sollecita informazioni al Consolato di Liegi sulla sua con-dotta politica, riferendo che il prefetto di Reggio Emilia ha comunicato che abita a Tilleur, al n. 42 di Quai du Hallage. Alla richiesta viene data risposta con il telespresso del 9 luglio, confermando il recapito e assicurando: «Nulla di sfavorevole è venuto a risultare nei riguardi della condotta politica del predetto in questi ultimi tempi». Il 3 novembre 1931, con una lettera, Zambonini chiede al Ministero della Giustizia di Bruxelles il permesso di dimora a favore di una donna, Erminia Orsi, che - come risulta dal «Bullettin de renseignements» del comune di Flémalle Grande - proveniente da Revest les Eaux (Francia), è giunta a Flémalle il 19 settembre 1930.

Il 23 dicembre 1931 il comandante e capitano della Gendarmeria Nazionale di Liegi, Bartholome, in un rapporto in lingua francese, lo denunzia al Direttore Generale della Sureté Publique, al Procuratore Generale, al Procuratore del Re di Liegi, ai comandanti della Gendarmeria di Liegi e di Seraing. Viene accusato di esercitare un'attiva propaganda anarchica, di vivere in concubinaggio con Germaine Ciuti, ma gli viene anche riconosciuto di possedere una buona istruzione, di parlare diverse lingue, di essere competente in politica internazionale. Qualche mese dopo - come vedremo - a tacita testimonianza della collaborazione tra la polizia belga e la polizia italiana, questa relazione sarà tradotta in italiano da un informatore della polizia italiana e inviata a Roma al Ministero degli Interni, con la raccomandazione di non controllarla all'estero. Sempre il 23 dicembre Zambonini è oggetto di un altro rapporto: il capitano della Gendarmeria di Liegi, Loutsch, in un rapporto avente per oggetto: «Stranieri residenti in Belgio senza autorizzazione», fa presente al Direttore Generale della Sureté Publique, al Procuratore Generale, al Procuratore del Re e ai comandanti della Gendarmeria di Liegi, che nel corso di una ispezione ha trovato in casa di Zambonini, a Vivegnis, l'italiana Erminia Orsi, «senza professione». Nel rapporto viene ricordato che al suo arrivo la donna aveva avuto dal Comune di Flémalle Grande, in data 25 settembre 1930, un permesso di soggiorno per quattro mesi, che non è stato rinnovato e la donna non risulta iscritta nel registro degli stranieri di Vivegnis. A questa denunzia replica il sindaco di Vivegnis che il13 gennaio 1932 ricorda alla Sureté Publique di Bruxelles che la donna non è stata ancora segnalata in quanto era venuta per visitare una cugina, è in possesso di un regolare passaporto, anche se non si è ancora procurato il permesso di soggiorno.


Fonte: Materiale prodotto all'interno del progetto culturale "Casa della memoria dell'emigrazione dell'Emilia-Romagna" promosso dalla Consulta degli emiliano-romagnoli nel mondo e realizzato in seguito alla richiesta dei giovani corregionali nella Conferenza di Buenos Aires del 2007.

 

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