Giovanni Francesco Secchi de Casali e la colonia di Vineland

FROM
TO
La figura di Giovanni Francesco Secchi de Casali (1819-1885), fondatore nel 1849 de "L'Eco d'Italia", il primo giornale in lingua italiana edito negli Stati Uniti, è di estremo interesse ed indicativa dello spirito di sacrificio e di intraprendenza che ha animato gli emigrati della nostra regione

Secchi fu fra i fondatori, a partire dai primi anni Settanta dell'Ottocento, della colonia agraria di Vineland, nel New Jersey. In questo contributo ci soffermeremo in particolare su questa esperienza, che registrò il coinvolgimento di molte famiglie provenienti dalla nostra Regione.

Gli agricoltori emigrati da varie zone dell'Emilia e della Romagna portarono con sè buone pratiche di coltivazione ma anche prodotti («molti degli agricoltori italiani stabiliti in Vineland hanno importato dall'Italia sementi delle loro regioni con eccellenti risultati nei prodotti, specialmente in alcune specie di ortaggi e di leguminose»). 

Questo approfondimento è stato reso possibile grazie alla preziosa collaborazione della Vineland Historical & Antiquarian Society che ha segnalato e fornito una preziosa relazione del 1911, ricca di notizie e foto, firmata da Carlo Quairoli.


Franceso Secchi nasce a Piacenza nel 1819 da Luigi Secchi, di professione appaltatore, e Maria Casali (aggiungerà poi il cognome della madre). La sua è una giovinezza un po' tormentata. Entrato in seminario nel 1831, cinque anni dopo, a causa della propaganda antigesuitica, è costretto a lasciare il Ducato di Parma e Piacenza. Per alcuni anni vive e lavora tra Algeria, Grecia ed Egitto. In Francia incontra Giorgio Stuart, americano di Philadelphia, futuro presidente della Commissione sanitaria statunitense. È proprio Stuart ad esortarlo a cercare fortuna in America. E così:

“Al principio del quarto decennio del presente secolo un giovinetto tra  i dieci e i dodici anni moveva tutte le mattine laggiù da Sant’Agnese, camminando affrettato con pochi libri e quaderni sotto il braccio sinistro, mentre col destro recavasi alla bocca una pagnottina. Era povero, ma il maestro Mazzocchi lo vantava fra i primi della scuola. (…) Un bel giorno, trovando viatico opportuno per l’America, diceva addio per sempre al vecchio continente e, confidatosi al mare, in capo a poche settimane sbarcava negli Stati Uniti colla borsa pressochè vuota di danaro, ma il cuore pieno di speranze” (Giovanni Bianchi, 1884)

 

L’arrivo in America

Secchi giunge a New York nell'autunno del 1844. Dopo diverse esperienze di lavoro, scopre la passione per il giornalismo che lo porta a collaborare a diverse testate americane.  A partire dal 1849 fonda "L'Eco d'Italia", il primo giornale in lingua italiana edito negli Stati Uniti, che segna il passaggio dalla stampa d'esilio ad una stampa di emigrazione. Secchi dirigerà la rivista fino alla morte avvenuta, nella città di Elizabeth, nel New Jersey, il 10 giugno 1885 (il giornale poi proseguirà le pubblicazioni fino al 1894).  Il foglio, nato per dar voce agli emigrati e alle loro esigenze, costituisce un capitolo molto importante del giornalismo italo-americano ed ancora oggi è una fonte importante per lo studio della storia degli emigrati italiani.

 

L'Esposizione di Filadelfia

Grazie anche alla sua professione, Secchi riesce a tessere una fitta trama di rapporti e ad inserirsi  profondamente nel contesto delle comunità italiane. Nel 1877 viene chiamato come giurato italiano presso l'Esposizione internazionale di Filadelfia. Compila un'interessante relazione dalla quale emergono anche i nuovi rapporti commerciali seguenti ai primi flussi di emigrazione. Girando tra gli stand dell'Esposizione, guarda con particolare interesse ai prodotti provenienti dalla sua regione. Apprezza in particolare i quattro tipi di riso della ditta Ferrarini e Compagni di Formigine (Modena) ("i risi italiani proclamati a tutti superiori per generale consentimento dei giurati"), ma anche i legumi del dottor Tosi Bellucci di Modena, lo strutto di Alessandro Forni pizzicagnolo di Bologna, per finire con l'assortimento di gelatine in scatole di fantasia portato ed esposto da Geremia Viscardi di Bologna.

 

La fondazione di Vineland

Intanto, a partire dal 1869, sulle colonne de "L'Eco d'Italia" Secchi lancia l'idea di fondare una colona agricola. Ad un mercato ortofrutticolo di New York il piacentino ha modo di apprezzare della straordinaria frutta. Si informa e vuole visitare la zona di provenienza, che scopre essere ricca di vigneti e frutteti. Qui conosce ed entra in contatto con Charles K. Landis, grande proprietario di terreni, il quale nei primi anni Sessanta (nel 1861) aveva acquistato numerosi terreni in questa zona pianeggiante situata nella contea di Cumberland, nel New Jersey, sita a 114 miglia a sud ovest di New York e a 34 miglia a sud est di Filadelfia. Si tratta di un'area con terreno di argilla e sabbia particolarmente adatto alla coltivazione di cereali, di legumi e di frutta. Qui iniziano le prime coltivazioni, viene edificata una città perfettamente quadrata, tagliata via via da strade rettilinee (una di questa sarà chiamata Piacenza Avenue). Si procede alla costruzione di una strada ferrata che permette il collegamento con New York e Philadelphia, ai cui mercati ed empori vengono indirizzati i prodotti. Così nei primi anni Settanta Secchi inizia ad indirizzare e a richiamare famiglie di italiani in quell'area, per lo più agricoltori già esperti nella coltivazione della frutta e della vite. A sovraintendere l'organizzazione della "Nuova Italia", con al centro la borgata di Vineland, è chiamato Carlo Quairoli che ci ha lasciato preziose testimonianze.

"Molti degli agricoltori italiani stabiliti in Vineland hanno importato dall'Italia sementi delle loro regioni con eccellenti risultati nei prodotti, specialmente in alcune specie di ortaggi e di leguminose. Negli orti sono coltivati con successo: fagioli, face, ceci, peperoni, cipolle, agli, cardoni, pomodori; nei frutteti: pesche, albicocche, pere, mele, ciliegie, susine ed anche fichi. Estesissima e remunerativa è la coltivazione delle fragole, dei lamponi, delle more, dei meloni, cetrioli, cocomeri e zucche. Come pure estesa e proficua è la coltivazione dei vigneti, specialmente per uve da tavola.  I prodotti raggiungono i  mercati di New York, Boston, Philadelphia, Providence, Baltimora... In questa industriosa popolazione, benevisa e stimata, la moralità raggiunge un alto livello che onora il nome italiano; e la quiete e la prosperità che regnano nella colonia agricola possono essere additate come esempio a molte comunità ed agglomerazioni consimili" (Carlo Quairoli, 1908)

Di questa colonia si inizia a parlare anche in Italia. Già nel nel 1883 "L'Illustrazione italiana" esce con una bella stampa ove troviamo anche un ritratto di Giovanni Secchi de Casali e un disegno della Piacenza Avenue.

Il periodo di massimo sviluppo della colonia è il quello a cavallo del Novecento. Nel 1902 le famiglie sono circa 500, nel 1908 salgono a 956 (circa 6000 persone) ognuna delle quali proprietaria di stabili, terreni coltivati, vigneti e cantine. La comunità di emiliani è la più numerosa. Nella relazione  del 1908 si contano 120 famiglie provenienti dall'Emilia (saranno 150 nel rapporto del 1911). Per la maggior parte si tratta di agricoltori che, come rimarca nella sua relazione Quairoli, grazie alla loro abilità contribuiscono grandemente allo sviluppo dell’area.

"In agriculture, the Italian Colony deserves the gratitude of the Amencans who acknowledge the fact that the cultivation of fruit trees was introduced and perfected by our immigrants who provide many markets with fruits and wines"(Quairoli, 1911).

La maggior parte della popolazione è costituita da agricoltori, ma vi sono anche numerosi artigiani, muratori, scalpellini, commercianti droghieri, macellai, negozianti di genere alimentari, alberagtori e conduttori di trattorie. Inoltre in numerose boarding-house condotte da italiani si piò trovare vitto ed alloggio.

Quella di Vineland è una colonia molto ben organizzata, estremamente attenta anche all’istruzione.

Un diffuso tessuto associazionistico e l’amore per la musica (nelle foto collettive c’è spesso un suonatore di fisarmonica) - cifre peculiari della nostra regione – caratterizzano altresì questa colonia.


Bibliografia:

  • Per la figura di Giovanni Francesco Secchi de Casali si rimanda in particolare agli studi di Jacopo Franchi: Gian Francesco Secchi de Casali. Il pioniere della stampa italiana in America (Piacenza, 1819 - Elizabeth, New Jersey, 1885), in «Bollettino storico piacentino», 2 (2011), pp. 304-332.
  • Per l'approfondimento relativo alle vicende della colonia di Vineland si è fatto principalmente riferimento alla monografia scritta nel 1911 da Carlo Quairoli conservata presso Vineland Historical and Antiquarian Society Archives.
  • Giovanni Bianchi, Secchi de Casali, in “Strenna Piacentina” anno X, 1884, Piacenza, Solari, pp. 166-169; G.F. Secchi de Casali, Sul acuni prodotti agrari e delle industrie agrarie all'esposizione internazionale di Filadelfia,  "Annali di agricoltura” 5 (1878), pp. 3-26; Una colonia italiana in America, in "Illustrazione italiana", 1883; Gli italiani negli Stati Uniti e specialmente nello Stato di New York, in «Bollettino dell'emigrazione»,  2 ( 1902), pp. 14-41; La colonia italiana di Vineland (New Jersey). Su notizie fornite dal signor Carlo Quairoli, in «Bollettino dell'emigrazione», 16 (1908), pp. 51-57. Fabio Pollice, Valentina Albanese, Giulio Urso, Federica Epifani, Viineland. Il contributo degli italiani alla costruzione dei paesaggi vitivinicoli nordmaericani, in Nel solco degli emigranti. I vitigni italiani alla conquista del mondo, a cura di Flavia Cristaldi e Delfina Licata, Milano, Bruno Mondadori, 2015, pp. 121-135.

Fonte: materiale raccolto all'interno del progetto "La Pasta in valigia" coordinato dal Comune di Piacenza con il contributo della Consulta ER nel mondo, grazie alla collaborazione della Biblioteca Comunale Passerini-Landi.

 

Progetto

Titolo: "La Pasta in valigia: percorso storico-gastronomico sulle rotte dell'emigrazione piacentina" 

L'obiettivo del progetto è stato quello di ricostruire il ruolo, storicamente rilevante, svolto dagli emigrati del territorio emiliano-romagnolo nella “diffusione” del cibo, della cultura e delle pratiche alimentari regionali all'estero. Nella storia di queste esperienze migratorie entrano gestori di trattorie, dettaglianti, grossisti, titolari di negozi di quartiere che fornivano alle famiglie immigrate prodotti di consumo, ma anche una fondamentale presenza attorno alla quale cresceva la vita sociale della comunità. Fu proprio questa rete - che il progetto intende ricomporre anche attraverso la raccolta di ricordi e testimonianze delle famiglie di emigrati - a mantenere viva la tradizione della cucina familiare.

L’abilità nella trasformazione del cibo e il ricordo di ricette di famiglia davano la possibilità a chi era partito di mettere a frutto i saperi e le conoscenze della propria terra e a chi non era mai stato nel nostro paese - le generazioni successive - di poter fare, anche a tavola, “esperienza” dell’Italia.

Partner: AS.PA.PI. Associazione di Parma e Piacenza (Francia), Nuove generazioni TERRA Mar del Plata (Argentina), Piacenza nel Mondo APS (Italia)

TESTIMONIANZE E PERSONAGGI