Ulrica Andruccioli in Taricco

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I cento anni di Ulrica Andruccioli in Taricco nei suoi ricordi. L'Associazione discendenti della Regione Emilia-Romagna di Pergamino ha celebrato il centenario di questa immigrante, attraverso un'intervista realizzata dalla professoressa Aída Toscani.

Il lavoro con la storia orale trascina nel mondo commovente delle storie delle mentalità, dove chiunque indaga scopre in che maniera l´immaginario individuale e collettivo costruisce i fatti accaduti e registrati da diversi documenti (alcuni solo restano custoditi dalla memoria collettiva). 

È tramite le storie di vita come si scopre quello che nel mondo delle statistiche sono soltanto percentuali e che al fatto di avvicinare l´obiettivo a un piccolo spazio storico, quel 20 o 30 per cento di perdita della raccolta, per esempio si trasforma in una morte o in una malattia che poi deriva nella migrazione di tutta una famiglia, con la somma di piccole e quotidiane tragedie che questo fatto scatena. 

I particolari apporti metodologici descritti appoggiano la scelta della storia orale come forma di portare avanti la ricerca sull'immigrazione italiana della regione Emilia-Romagna, sostenuta anche dall'Associazione dei discendenti dell'Emilia-Romagna di Pergamino. 

La ricerca si è svolta all'interno della Scuola di Italiano che oltre ad offrire corsi di insegnamento della lingua, favorisce un lavoro di valorizzazione e diffusione delle storie di vita delle famiglie che migrarono di questa zona. Per compiere questi obiettivi si è sono realizzate registrazioni audiovisivi che fanno parte del materiale della biblioteca dell'Associazione. 


La storia che presentiamo è quella di Ulrica Andruccioli, una fragile e bell'anziana, che vive piena di cure e di affetto offerte da sua figlia Mirta Taricco, la quale gentilmente ha aiutato e ha aggiunto alcuni dati all'intervista. 

Ulrica Ana Filomena nasce il 15 gennaio 1906 nel Comune di Saludecio, attualmente appartenente alla provincia di Rimini. Il paese è un bel posto che conserva ancora reminiscenze medievali con la sua zona di mure ed il portico di ingresso. 

I genitori della bambina sono stati María Fabbri e Tommaso Andruccioli. Quest´ultimo si imbarca solo per l´Argentina nella nave “Algeria” e arriva a Buenos Aires il 1 gennaio 1906. Passato qualche anno e quando raggiunge una situazione  economica capace di sostenere la famiglia convoca la sposa e i suoi tre figli italiani che dopo una lunga attraversata nella nave “El Plata” arriva in terra argentina nel 1909. 

La carta di nascita di Ulrica registra la madre come contadina e colono il padre. La famiglia nel suo paese di origine era padrona di un pezzo di terra che condivideva con il resto della famiglia. Il fatto che la proprietà sia stata esigua e questo sommato a una serie di cattive raccolte ha spinto i giovani sposi a cercare di migliorare la loro condizione di vita in un'America che si descriveva piena di possibilità. 

Il lavoro dissuasivo che spinge la partenza dall'Italia verso l´Argentina, si esercita attraverso la catena migratoria, in questo caso rappresentata da una sorella di Tommaso Andruccioli. Ma il destino non è stato la città di Buenos Aires. Seguendo per la ruta Nº 8 lavorò in diversi paesini tra i quali Irineo Portella, San Antonio de Areco e Villa Lía, destinazione definitiva per questi immigranti. 

Gli sposi Andruccioli hanno avuto 8 figli e con le lettere iniziali dei nomi che li aveva messi, Don Tommaso formò il nome di suo padre Giuseppe (Giuseppe, Italo, Ulrica, Sabino, Elena, Palmira, Pia e Erminda). 

Don Tommaso realizzò diverse mansioni, nel suo tentativo di sostenere economicamente la famiglia, tutte in rapporto con la attività rurale, tali come fare dei pozzi per i mulini, lavorare nella raccolta, fare il muratore e fabbricare i propri mobili che aiutavano a rendere più confortevole la casa. Ma il suo grande orgoglio è stato sempre il suo orto, dove seminava pomodori, basilico, patate, batata dolce, zucca ed altri ortaggi che servivano per il proprio consumo, ma anche per aiutare economicamente la famiglia, poiché vendevano la produzione che avanzava. 

Da molto piccoli i figli sono stati attivi in questa impresa nella quale si costituivano le famiglie di questi primi decenni del secolo XX, specie quelle degli immigranti. Nel caso di Ulrica, che durante l´intervista conserva ancora il tono di fastidio, il lavoro di “curare dei bambini che piangevano” e che li doveva cullare in braccia costantemente a richiesta della mamma. Lo sforzo aumentava considerando la piccola età e la fragilità del suo fisico. Ha anche aiutato in una sartoria con alcuni incarichi, lavoro molto più piacevole e gradevole. Nonostante il duro lavoro di Don Tommaso e la sua famiglia, essi non riuscirono ad accedere alla proprietà delle terre e neanche a godere del privilegio di una pensione poiché i suoi lavori erano tutti giornalieri. 

Il suo gran capitale lo costituì l´affetto dei suoi figli che li proteggerono quando già vecchietti e bisognosi di serenità dovettero essere protetti. 

La foto familiare fa vedere a una coppia di anziani seduti e vestiti con dei semplici panni. Attrae fortemente la nostra attenzione le mani di ambedue, disegnate dal lavoro duro che delinearono delle dita quadrate con delle nocche grandi. Il fatto singolare è forse il gesto preso dal fotografo, poichè somigliano riposare scomode nella falda, quasi come sorprese dal riposo. 

I figli della coppia vanno crescendo e arriva il tempo del divertimento e delle riunioni sociali di solito nelle case dei vicini o balli in qualche club. A Ulrica le foto la registrano come una bella giovane di sguardo espressivo e delicati lineamenti, di capelli corti e un po' ricci caratteristici degli anni '20 e assieme alle amiche. D´accordo ai precetti morali delle famiglie italiane, lo sguardo vicino di Don Tommaso, metteva un limite ai divertimenti sociali. In un ballo ha conosciuto chi sarebbe poi diventato suo marito. Quando il padre ha saputo della notizia non si è mostrato contento con la scelta. Con il tempo però il signor Tomás Taricco (discendente di italiani venuti da Narzole-Piemonte) per il suo trattamento rispettoso e amabile conquistò anche il rispetto della famiglia e finì sposandosi con Ulrica e si stabilirono a San Antonio de Areco. 

Per il fatto di appartenere alla Polizia della Provincia di Buenos Aires è stato trasferito in diverse città. La coppia ha avuto due figli Rubén e Mirta i quali mentre erano piccoli hanno condiviso il destino itinerante che esigeva la professione del padre. Quando sono cresciuti, i cambiamenti di posto con le difficoltà che si affrontano all'inizio in una nuova scuola con altri compagni, ha prodotto delle conseguenze negative in Rubén e Mirta. L´inizio delle difficoltà portò i genitori a decidere di restare a Pergamino, Ulrica insieme ai suoi due figli sono rimasti in questa città e il padre viaggiava al posto di lavoro assegnato. 

In ogni storia di vita degli immigranti si cerca di scoprire le differenze e le regolarità che si verificano in ognuna di esse. 

L'analisi sulla famiglia Andruccioli ci porta a concludere che allo stesso modo degli altri intervistati della Regione Emilia-Romagna che arrivarono nel primo periodo dell'ondata immigratoria (1880-1914) si inserirono nella produzione rurale. Le difficoltà impedirono una rapida crescita economica che permettesse il ritorno al paese di origine ciò che generò dispiacere alla coppia. Nella famiglia si tiene custodito il ricordo del espressione di Don Tommaso quando non otteneva la retribuzione aspettata dai lavori realizzati o dalle vendite dei prodotti ricavati dall'orto - "ritorno in Italia anche se lo debba fare in run run" e i suoi gesti indicavano che anche se lo dovesse fare camminando inizierebbe il percorso di ritorno.

Il ritorno in Italia non è mai avvenuto. È possibile trovare in questi fatti la ragione per la quale gli sposi non parlassero mai la loro lingua di origine, come un indizio, se non potevano ritornare si doveva tagliare ogni vincolo culturale con l´Italia. Solo le lettere scambiate in maniera regolare con i fratelli che sono rimasti in Italia hanno servito come un filo molto sottile ma molto resistente che ha mantenuto unito il mondo degli affetti. Una volta all'anno i parenti italiani inviavano una scatola contenente dei piccoli sacchetti di terra santa insieme ad immagini religiose, a testimonianza della profonda devozione religiosa di tutti. 

Il percorso di vita della famiglia insegna inoltre che sebbene il miglioramento nelle condizioni di vita sia stato più lento di altri casi, le caratteristiche della società argentina con una segnata mobilità sociale fino alla metà della decada degli anni '70 ha permesso che i figli di Maria Fabbri e Tommaso Andruccioli superassero le difficoltà economiche e che formassero, attraverso lo studio e la fatica, quell'ampia classe media che distingue l'Argentina dal resto dell'America latina.


Fonte: articolo sul Giornale “La Opinión”, Pergamino, 12 febbraio 2006 

 

Libro di Aída Toscani de Churin. Titolo originale "Historia de campesinos enlazando planuras. La inmigración italiana de Emiliano-Romagnolos en el Partido de Pergamino 1880-1950"

Il libro si occupa della emigrazione dall’Emilia-Romagna nelle campagne argentine, nella zona di Pergamino in particolare, evidenziando i legami tra i contadini delle due pianure.

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