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Le memorie di un uomo dei campi

Paolo Guglieri, nativo di Crocelobbia di Ferriere, emigrato in Argentina nel 1884, è stato il fondatore, nel 1902, di Daireaux, una città a 400 chilometri a sud ovest di Buenos Aires.

Nel 1913 diede alla stampe "Le Memorie di un uomo dei campi. Trent'anni di permanenza nella Repubblica Argentina", edito a Buenos Aires da Albasio & Co. Si tratta di uno splendido racconto autobiografico della sua infanzia e giovinezza, degli anni in Francia, del viaggio verso il continente americano, dei sacrifici, delle difficoltà e dei successi in campo imprenditoriale.

Nella sua Valigia Paolo portò con sè tanto coraggio, ma anche l'arte di saper trarre dalla terra i migliori prodotti possibili e l'abilità, diffusa in tutto il Piacentino, nel confezionare gli insaccati.


Testimonianza raccolta grazie alla collaborazione di Filippo Guglieri.

Per approfondimenti si rimanda anche all'articolo di Antonia Gabriella Guglieri pubblicato on line su www.piacenzantica.it


Paolo Guglieri nasce il 5 settembre 1865 a Crocelobbia, una piccola frazione del comune di Ferriere. I genitori, Giulio Guglieri e Orsola Bocciarelli, possiedono e lavorano un podere.

Tra i nove e gli undici anni, il piccolo Paolo va a scuola a Farini d'Olmo e a diciassette anni, come molti conterranei, decide di emigrare in Francia, ove viene assunto in qualità di manovale all'interno di una squadra di muratori. A Parigi rimarrà due anni:

"Ma di quei due anni non mi è rimasto che un ricordo vago, come smarrito. L'occupazione assidua nel lavoro manuale, l'umiltà della mia condizione e quella tal quale ritrosia propria della gente dei campi, che la fa schiva a mescolarsi con altra gente più elevata, non mi permisero di conoscere che ben poco della grande capitale della Francia. Ricordo che provavo come un senso di sgomento quando ne' grandi boulevards il ricordo del mio paesetto mi obbligava ad una specie di confronto. E ricordo pure che un senso di grande smarrimento mi invadeva quando, qualche giorno di festa, mi trovavo in mezzo a quel movimento senza tregua di una folla irrequieta, frettolosa, ciarliera, a quella baraonda sfrenata, a quel via vai di carri, di tranvai, di veicoli di ogni forma".

Nel 1884 Paolo ha diciannove  anni e sta pensando di partire per l’Argentina. La decisione non è semplice. Restare in Francia con la possibilità comunque di tornare a casa anche a piedi oppure emigrare nel lontano continente?

"L'America era più lontana della Francia, questo lo si sapeva; si aveva anzi una idea esagerata della distanza; ma in modo vago, impreciso: oltre l'orizzonte limitato delle adiacenti montagne spariva qualsiasi valutazione di tempo e di distanza. La mente poneva l'America in un punto immaginario, indefinito ed indefinibile; era un paese molto lontano, ecco tutto".

Il giovane fa la sua scelta e il 15 novembre 1884 s'imbarca sulla nave Matteo Bruzzo, che ha a bordo oltre 1800 passeggeri. Di quel viaggio stende, nelle sue Memorie, un toccante resoconto:

"Nessuna penna potrebbe dare un'idea, nemmeno approssimativa, di ciò che fosse la vita a bordo dei transatlantici in quel primo periodo dell'emigrazione. Si stava ammucchiati più che sardelle in un barile, senza mezzi per lavarsi, senza posto per sedere, in una spaventosa promiscuità, tra brutture di ogni fatta".

Trascorso un periodo di quarantena a Martin Garcia, inizia subito a lavorare a Buenos Aires in una squadra di costruzione della ferrovia. Dopo un anno di durissimo lavoro riesce ad ottenere un posto di impiegato al carico e scarico dei vagoni alla stazione Constitucion della città. Lavora dalle 9 a mezzanotte, spesso recandosi al lontano mercato del Plata, per consegnare la merce arrivata con l'ultimo treno, per lo più cacciagione.

Nel 1890 decide di partire, assieme al compaesano Bartolomeo Villa, per la linea del Sud. Dopo alcuni giorni trascorsi ad Azul, i due si fermano a Piguè, una colonia avviata dai francesi. Qui Paolo e Bartolomeo hanno intenzione di avviare un'attività di macellazione, soprattutto di maiali, con annessa fabbrica di salumi. I prodotti ottenuti vengono destinati per lo più al mercato di Buenos Aires. 

"Nei primi giorni di quel giugno 1890 mi recai a Buenos Aires, portando con me due interi vagoni di carni lavorate. Gli affari andarono bene; la mercanzia fu trovata di ottima qualità e la vendei in pochissimo tempo e a condizioni ottime. Incoraggiati da questo primo successo continuammo il lavoro con più coraggio e un mese dopo io partivo ancora per Buenos Aires, portando con me una quantità di salumerie ancora maggiore della prima".

Nel 1895, dopo un anno passato in Italia, cambia l'attività, ma la sua passione è sempre il lavoro nei campi. Inizia a sfruttare un piccolo appezzamento di terreno con un frutteto e una vigna, a cui aggiunge la coltivazione dell’erba medica. Continua poi a dedicarsi alla lavorazione di insaccati a favore della Compagnia delle ferrovie del Sud impegnata nella costruzione della linea del Neuquén.

Paolo lavora intensamente, senza smettere di studiare la realtà attorno. Vede al lavoro tanti suoi connazionali:

“Se gli italiani, venuti qui a milioni, avessero potuto dare all'Italia una decima parte delle energie spese in questa terra; se le loro incomparabili virtù di coltivatori, di riproduttori, di pionieri, di creatori e conservatori della ricchezza avesser potuto essere date all'Italia, oggi il nostro paese sarebbe il più grande e il più ricco del mondo".

Nel 1901 sposa Bwenigna Leveau, discendente da una famiglia francese. Paolo continua a girare alla scoperta di nuove terre. Nel 1902 arriva nella zona di Daireaux, allora costituita da un piccolo scalo merci posto a 400 chilometri a sud est di Buenos Aires. Qui acquista seicentodieci ettari di terreno dal proprietario Daireaux-Molina ed  inizia a coltivare erba medica (la alfalafa dell'Argentina), patate, grano, granoturco ed avena. Importa aratri, seminatrici, falciatrici, compera progressivamente vari terreni che in parte gestisce direttamente, in parte affitta a mezzadri.

Nel giugno 1911 torna in in Italia ove resterà per alcuni anni, distinguendosi anche come benefattore nei confronti della sua terra di origine.  Nel periodo della prima guerra mondiale invia il suo grano per il sostentamento delle truppe italiane. Fa costruire il Monumento dei Caduti di Ferriere e contribuisce alla costruzione dell’altare maggiore della chiesa di Ferriere; permette il rifacimento del pavimento della Chiesa di Centenaro e dona un organo alla chiesa di San Savino di Farini, parrocchia dei Guglieri suoi antenati. 

Tornato in Argentina, vive a Tandil e poi nella regione della Laguna de Mar Chiquita. Continua a dedicarsi all'agricoltura, ma diversifica anche le attività. Sul Mar Chiquita nel 1926 costruisce l'Hotel Savoy.

Nel 1952 si ritira nella città di Cordoba, ove muore il 26 settembre 1953 all'età di 88 anni.

Il 5 luglio 1957 la città di Daireaux gli dedica un monumento ed una Piazza.

Nel 2016 alcuni Comuni argentini, tra cui Daireaux, siglano una Hermandad Guglierana, un progetto condiviso di istituzioni legate alla memoria di Paolo Guglieri.


Fonte: materiale raccolto all'interno del progetto "La Pasta in valigia" coordinato dal Comune di Piacenza con il contributo della Consulta ER nel mondo, grazie alla collaborazione della Biblioteca Comunale Passerini-Landi.

 

Progetto

Titolo: "La Pasta in valigia: percorso storico-gastronomico sulle rotte dell'emigrazione piacentina" 

L'obiettivo del progetto è stato quello di ricostruire il ruolo, storicamente rilevante, svolto dagli emigrati del territorio emiliano-romagnolo nella “diffusione” del cibo, della cultura e delle pratiche alimentari regionali all'estero. Nella storia di queste esperienze migratorie entrano gestori di trattorie, dettaglianti, grossisti, titolari di negozi di quartiere che fornivano alle famiglie immigrate prodotti di consumo, ma anche una fondamentale presenza attorno alla quale cresceva la vita sociale della comunità. Fu proprio questa rete - che il progetto intende ricomporre anche attraverso la raccolta di ricordi e testimonianze delle famiglie di emigrati - a mantenere viva la tradizione della cucina familiare.

L’abilità nella trasformazione del cibo e il ricordo di ricette di famiglia davano la possibilità a chi era partito di mettere a frutto i saperi e le conoscenze della propria terra e a chi non era mai stato nel nostro paese - le generazioni successive - di poter fare, anche a tavola, “esperienza” dell’Italia.

Partner: AS.PA.PI. Associazione di Parma e Piacenza (Francia), Nuove generazioni TERRA Mar del Plata (Argentina), Piacenza nel Mondo APS (Italia)

TESTIMONIANZE E PERSONAGGI